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Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica Viaggio nella Storia Contemporanea è a cura del giornalista e scrittore Franco Fracassi – già co-autore di una collana di 12 volumi dal titolo “Nei Secoli Brevi” – che commenta con Beatrice Silenzi fatti e personaggi degli ultimi 120 anni.

Il 1968 è l’anno che avrebbe lasciato il segno nei decenni a venire. Sinonimo di rivoluzione, cambiamento dei costumi, risveglio sociale e uguaglianza, il Sessantotto fu un fenomeno socioculturale che interessò tutti i Paesi dove operai e studenti, in prima linea, si unirono per combattere contro i pregiudizi e contro tutte le ingiustizie.

Ma anche contro una guerra, quella in Vietnam. Nell’anno della primavera di Praga e dei pugni chiusi di Tommie Smith e John Carlos alle olimpiadi di Città del Messico, nell’anno dei morti di Avola e dell’uccisione di Martin Luther King, nell’anno che vide studenti e operai uniti nella lotta, il movimento studentesco fu il grande protagonista.

Le prime proteste erano cominciate già nei primi anni Sessanta.
Nelle università e nei licei da tempo esisteva un’inedita voglia di partecipazione diretta, che gli studenti tradussero, ad esempio, nelle assemblee e nei gruppi di studio autogestiti. Migliaia di giovani si fecero portatori di una serie di contestazioni alla struttura e alle condizioni della scuola.

Erano rivendicazioni economiche e politiche, ma anche di una più generale insofferenza per modelli culturali e politici tradizionali, obsoleti, che andavano stretti alle nuove generazioni e a quest’onda parteciparono i gruppi più diversi, dagli anarchici agli hippie, dai marxisti-leninisti ai trotzkisti ai guevaristi.
Negli Stati Uniti lo spartiacque decisivo dello strappo generazionale diventò la guerra in Vietnam.

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