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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Libero Pensiero è cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile, qui con Candida Livatino.
Dal modo in cui scriviamo, da come occupiamo lo spazio rispetto ai margini, dal tipo di forza che imprimiamo e dai tanti segni che lasciamo sul foglio di carta possiamo cogliere gli aspetti più profondi della nostra personalità e del nostro stato d’animo.
Sta all’abilità del grafologo, che conduce l’analisi sulla scrittura capire quello che è strutturale e quello che invece è legato al momento.
Attraverso i segni grafici si comprende la propria personalità e si conoscono meglio gli altri.
Spesso parlando al telefono o ascoltando un dibattito o se siamo distratti, disegniamo degli scarabocchi, a volte comprensibili a volte no.
Quello che conta è che quel gesto, in apparenza senza significato, risponde a un nostro profondo e misterioso bisogno.
Ecco che la grafologia ha lo scopo di studiare il gesto grafico e ricavarne elementi che riguardano il nostro carattere ed il nostro comportamento.
Elementi che, per le loro intrinseche peculiarità, sono unici, come possono essere le tracce di DNA.
Solo con l’analisi attenta e approfondita della scrittura, si può mettere a nudo la personalità di coloro che nel nostro Paese si sono macchiati di atroci delitti (come Michele Buoninconti, Matteo Messina Denaro, Andrea Volpe), fino a indagare l’animo dei più noti serial killer (come Ted Bundy, Charles Manson, Leonarda Cianciulli).
Un’analisi che comprende anche le vittime di femminicidi come Roberta Ragusa, Sarah Scazzi e Yara Gambirasio, donne che in diversi modi hanno pagato con la propria vita.
La grafologia diventa dunque uno strumento di prevenzione per aiutare donne vittime di violenza a evitare un destino tragico.
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