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Su Fabbrica della Comunicazione la rubrica Libero Pensiero è cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile, qui con Berenice Galli.

Ripercorriamo a ritroso, con la giornalista e attivista di “No Guerra No NATO”,  la vicenda di Julian Assange, giornalista e programmatore.
Un calvario giudiziario durato 14 anni, da quando, nel 2010, la sua creazione, Wikileaks, pubblicò documenti statunitensi secretati ricevuti da Chelsea Manning riguardanti crimini di guerra americani.

In realtà quei documenti erano solo una piccola parte di quanto scoperto, e divulgato, da Assange.
Da martedì 25 giugno, tuttavia l’attivista australiano è di nuovo un uomo libero, anche se la moglie annuncia che la battaglia legale non è finita.

Lunghi mesi di trattative sotterranee con Washington ed infine l’accordo.
Dichiarandosi colpevole dei reati in cambio della propria libertà, oggi Assange ha potuto riabbracciare la sua famiglia. 
Dopo più di cinque anni in una cella di 2 metri per 3, isolato 23 ore al giorno, si è riunito in queste ore alla moglie Stella e ai loro figli, che hanno conosciuto il padre solo da dietro le sbarre.

Cosa comporta tuttavia questa cosa nell’ambito dell’informazione libera?

Quanto questa dichiarazione di “colpevolezza” (che sa di abiura), è rilevante per il Potere e per tutti coloro che si occupano di informazione e giornalismo d’inchiesta?

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