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Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica Viaggio nella Storia Contemporanea è a cura del giornalista e scrittore Franco Fracassi – già co-autore di una collana di 12 volumi dal titolo “Nei Secoli Brevi” – che commenta con Beatrice Silenzi fatti e personaggi degli ultimi 120 anni.
Negli anni Venti, dopo la prima guerra mondiale, mentre i Paesi europei erano colpiti da una grave crisi economica e sociale, gli Stati Uniti registrarono un boom economico quasi ininterrotto, fino al 1929, diventando la maggiore potenza economica, con forti crediti nei confronti di Germania e Austria e con notevoli riserve finanziarie con cui sovvenzionarono la ricostruzione europea.
Erano gli “Anni ruggenti”, in cui i consumi crebbero e molti beni, in precedenza riservati a pochi privilegiati, divennero improvvisamente accessibili anche al ceto medio.
Nelle fabbriche il motore elettrico sostituì la macchina a vapore, nel trasporto l’automobile sostituì il cavallo, nelle abitazioni l’illuminazione elettrica sostituì quella a olio o a gas.
La catena di montaggio della Ford permise l’avvio della produzione in serie di automobili, realizzata attraverso la catena di montaggio, fece crescere notevolmente la produttività e questo permise una sensibile diminuzione dei prezzi.
C’erano il condizionatore d’aria e il trapano da dentista, la lavatrice, l’aspirapolvere, il frigorifero ed il ferro da stiro.
Erano gli anni di Al Capone che nacque a New York il 17 gennaio 1899 e ad appena quattordici anni iniziò a lavorare per la criminalità organizzata ai comandi del potente gangster Johnny Torrio.
Grazie alla sua facilità nel fare i conti, il giovane Capone divenne uno dei ragazzi di fiducia dell’organizzazione e nel 1920 entrò al servizio, come barman e buttafuori, di un gangster proprietario di un bar di quart’ordine a Coney Island e, dopo avere ricevuto trenta punti di sutura sul viso, frutto di uno scontro, venne chiamato (solo alle sue spalle!) Scarface.
Già nel 1927, tuttavia – a chi aveva occhi per vederli – si percepivano i sintomi preoccupanti di squilibrio e “mentre milioni di esseri umani” scriveva l’economista Irving Fisher, “mancavano di cibo e di vesti, in alcuni luoghi si distruggevano raccolti perché troppo superiori alla domanda e non più redditizi”.
Nel 1928 la situazione sfuggi a ogni controllo e cominciò ad apparire inevitabile, nonostante l’ottimismo degli economisti di scuola liberale, il tracollo.
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