di GIORGIO PANDINI
Di fronte al mio ufficio c’è un piccolo bar di città, di quelli che erano già lì negli anni ’70, da quando ne ho memoria, insomma.
Gli stessi avventori tutte le mattine, gli stessi volti, stessi argomenti di conversazione.
Come una bolla fuori dal tempo, eterna, immutabile.
I quotidiani dispiegati rigorosamente sul freezer dei gelati, pieno anche d’inverno.
È un luogo dinamico per il viavai dei clienti, ma al tempo stesso rassicurante perchè sei certo che nulla potrà cambiare lo stato di cose.
Eppure, di tanto in tanto, tra un boccone distratto dato al croissant ed un sorso di caffè, il dipanarsi del rito mattutino viene turbato da qualcosa.
Quel qualcosa, che i giornali – pochi a dire il vero – riportavano stamattina, era la notizia della possibile creazione di un “Esercito Europeo”.
Parafrasando Goebbels – ministro della Propaganda del Terzo Reich – quando sento questa espressione, posta in associazione con “Difesa Comune”, la mano scende a compiere un atavico gesto scaramantico, anziché alla pistola!
Durante quel loro parlottare, niente di eclatante, intendiamoci, mi sono ritrovato semplicemente a sorridere, stupito, perché, quella che veniva percepita dagli astanti come una novità, è in realtà una tematica che si presenta ciclicamente ed ogni volta i Media la gettano in pasto al pubblico.
Ne consegue che tutti ne parlano come fosse cosa facile, anzi già fatta!
Così mi chiedo: perché tanta semplificazione?
Come non rendersi conto delle molte implicazioni che questa novità comporterebbe in termini di organizzazione?
Farò semplici considerazioni.
Si sottovaluta, in primis, la resistenza al cambiamento dei corpi dell’Esercito, principalmente per il forte aspetto identitario che comporta l’appartenenza ad un corpo specifico. Pensiamo ai raduni di Alpini e Bersaglieri, oppure all’Arma dei Carabinieri (e parliamo solo del nostro Paese!).
La seconda questione nasce da quel non banale attaccamento alla propria poltrona, che significa potere e prestigio. Considerando la pletora di graduati di cui l’Esercito Italiano è infarcito, quanti sarebbero disposti a cedere il comando ad un …francese qualsiasi??
Aveva ragione Totò: “l’umanità si divide in due: Uomini e Caporali”.
Ma ancora.
Come riorganizzare la catena di comando a livello europeo?
Come riuscire ad accorpare tutti gli eserciti degli stati nazionali creando ex novo una gerarchia militare?
E anche, supponendo, che fosse cosa semplice (e abbiamo capito che non lo è) chi comanderebbe questa mega forza armata?
In quale lingua?
E da chi prenderebbe gli ordini visto che non esiste un gov erno esecutivo europeo?
Tra le tante cose, viene anche trascurato il concetto per cui l’esercito non è che l’estensione di un organo decisionale con un vero potere e non, come accade, di una Commissione impegnata a legiferare sulla curvatura delle banane o sul colore dei kiwi.
Di fatto, la Commissione europea, attualmente, ha facoltà decisionali in materia di politica economica.
Ricordo che esiste una Banca Centrale le cui decisioni hanno degli effetti diretti sulla nostra vita di tutti i giorni.
Decidere di impiegare le forze armate in interventi diretti di guerra, o meglio di “operazioni di pace” (come va di moda chiamarle), è tutt’altra cosa, però.
Ultimo aspetto da considerare.
Sebbene l’Italia, in base alla Costituzione, ripudi la guerra – ex art. 11 – ci sono, tuttavia, altri Stati Europei che non si fanno scrupoli nell’appoggiare o promuovere operazioni militari e i nostri cugini d’Oltralpe sono fulgidi esempi in tal senso.
Complice il mainstream, che nella smania di sensazionalismo offre l’argomento come se fosse cosa fatta (e invece se ne parla da anni e non c’è nulla di concreto all’orizzonte), l’Esercito Europeo, fortunatamente, non esiste.
Ancora una volta, dunque, di questa, come di alre questioni, pare si faccia il consueto giochino della distrazione di massa, attuato soprattutto quando un leader politico si trova in difficoltà.
Esattamente come stamattina, tra un caffè e l’altro, finché un cliente, appena entrato, intavola una nuova discussione sui risultati delle partite di calcio, invitando i presenti ad un’agguerrita presa di posizione ed in cui tutto ritorna nei ranghi delle chiacchiere da bar.