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Su Fabbrica della Comunicazione, Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile – si occupa della rubrica, “Comunicazione e Dipendenze”, in collaborazione con Studi & Salute Bolgan.

Ospite di questo appuntamento è la dott. Cristina Ombra, psicoterapeuta.

La colpa indica un “comportamento con conseguenze dannose”, la vergogna è invece il “senso di umiliazione per aver agito in modo indegno”. Alla colpa si lega strettamente il senso di colpa, ovvero quel sentimento che si sviluppa nell’individuo nel momento in cui esso prende coscienza della propria responsabilità in un evento negativo, sia essa effettiva, presunta o prevista.

Sia la vergogna che il senso di colpa possono essere definite come due emozioni secondarie, cioè non innate come le primarie, ma emozioni che si sviluppano nella persona soltanto con il tempo, in questo caso a partire dai due anni di età, attraverso l’educazione e il contatto con la società. 

Nella vergogna l’individuo valuta il proprio Io, mettendolo a confronto con gli standard esibiti dalla società e con le norme che vengono imposte dall’esterno.
Il senso di inadeguatezza che si sperimenta porta a mettere in discussione la validità dell’individuo stesso: la vergogna brucia dall’interno, si accanisce contro il “come siamo”, minandone le fondamenta e distruggendone l’integrità. Proprio perché quest’emozione nasce dall’interno, non è necessaria la presenza di altre persone per poterla sperimentare. 

Il senso di colpa travalica l’essenza individuale e si lega all’esterno, a un comportamento che abbiamo messo in atto e che ha danneggiato qualcun altro. Il risvolto della colpa è la pena. Non una critica verso il “chi”, ma piuttosto verso il “cosa”.
Essendo il problema esterno all’individuo, si percepisce una maggiore possibilità di rimediare al danno fatto, magari con un comportamento che ne ribalti gli effetti.

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