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Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica Il Punto di Vista è a cura del giornalista e scrittore Massimo Del Papa – che commenta con Beatrice Silenzi – i fatti del momento.

Ottobre 2023 è stato rovente, battendo il record delle temperature! 

Questo approssimativamente è il titolo che molte testate hanno proposto, dedicando un articolo all’argomento.
Senza – ovviamente – dimenticare l’immancabile cantilena sull’eliminazione della CO2 (che però serve per mantenere la vita su questo Pianeta!). 

Caldo “rovente” dunque.
Secondo l’osservatorio europeo Copernicus, il più caldo mai registrato, il più caldo di sempre con un incremento di 0.4 gradi centigradi rispetto al record rprecedente, egistrato a ottobre 2019.

Non mancano i commenti degli esperti “La quantità di record che stiamo superando è scioccante”, spiega la Burgess, vicedirettrice dell’osservatorio.

Inutile dire che “un pianeta più caldo porta a eventi meteorologici più estremi e intensi come gravi siccità o uragani che trattengono più acqua”, dichiara Schlosser, vicepresidente del Global Futures Laboratory dell’Arizona State University, addossando così, gran parte della responsabilità dei disastri idrogeologici – che si trasformano in tragedie (come accaduto nel nostro Paese) – al clima, invece che all’imperizia umana. 

Poi c’è il problema dei combustibili fossili per cui “la produzione di carbone deve diminuire drasticamente per affrontare il cambiamento climatico, ma i piani e le proiezioni governative porterebbero a un aumento della produzione globale fino al 2030 e della produzione globale di petrolio e gas almeno fino al 2050”, si legge nel Production Gap Report delle Nazioni Unite.

Il rapporto esamina la disparità tra gli obiettivi climatici e i piani di estrazione dei combustibili fossili.
Un divario che è rimasto sostanzialmente invariato da quando è stato quantificato per la prima volta nel 2019.

I Paesi dovrebbero puntare a un’eliminazione quasi totale della produzione e dell’uso del carbone entro il 2040 e a una riduzione combinata della produzione e dell’uso di petrolio e gas di tre quarti entro il 2050 rispetto ai livelli del 2020, come minimo.
Ma, secondo Del Papa, non ci riusciranno.

La transizione energetica necessaria per raggiungere le emissioni nette a zero è minata.
Il fatto è che non siamo pronti.

Nemmeno per l’automotive, sebbene “Repubblica” in un lungo articolo racconti la storiella della “grande bellezza della ricarica” attraverso l’esageratamente lungo viaggio di due ragazzi in auto elettrica, che, mentre ricaricano, possono godere del fascino di monumenti, paesaggi e bellezze italiche che si presentano davanti ai loro occhi. 

Una storiella, appunto.
Inutile sberleffo che pretende di giocare con la presunta ingenuità dell’automobilista medio che fa già molta fatica ad arrendersi alle code e al traffico.
Ci si chiede se riuscirà mai ad abituarsi ad una ricarica di ore, raggiunegendo l’agognata meta impiegando almeno il triplo del tempo attuale.

Non sarebbe meglio una carrozza trainata da cavalli?

In realtà, sottolinea Del Papa, “Repubblica”, giornale gestito da industriali che hanno investito milioni di euro nella mobilità elettrica, sembra “promuovore” notizie di questo tipo e “suggerire” di cogliere i “vantaggi” di questa nuova mobilità.

Un nuovo modo di viaggiare (spiega il quotidiano) che “si allontana dall’ossessione della velocità del nostro sistema iper-consumistico che ha creato la crisi ambientale. Ma il tempo che “perdiamo”, in realtà è tempo che facciamo guadagnare al Pianeta” (sic!)

Così, l’auto, simbolo della velocità, della potenza, nella sequenza stop-pienodibenzina-riparto costringe alla lentezza, situazione insostenibile, che qualcuno vorrebbe far passare per etica. 

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