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Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica della domenica mattina a cura di Beatrice Silenzi – giornalista e direttore responsabile – con Enrica Perucchietti si chiama L’Altra Domenica.

Il caso Puff Daddy continua a tenere banco: ne parlano tutti. I social sono invasi da foto inquietanti, filmati, testi di canzoni decriptati, fino alle più agguerrite teorie del complotto.
Gli Stati Uniti sono paralizzati da uno dei più grossi scandali degli ultimi anni che non riguarda solo il mondo musicale, ma tutto lo showbiz Hollywoodiano.

Daddy, o Diddy, o Love, o Sean è al centro di gravi accuse (di violenza sessuale ed abusi fisici e psicologici) avanzate dalla modella e cantante Cassie Ventura, con cui ha avuto una lunga relazione e che sono state risolte con un accordo economico extragiudiziale, ma una volta aperto il vaso di Pandora, più di 120 altre denunce lo hanno investito in pieno. 

Il 9 ottobre, a New York, si sono aperte le porte del tribunale per Daddy: sulla carta potrebbe addirittura scattare l’ergastolo, tanto fitta è la rete di accuse, ma gli esperti di diritto americano sostengono che, non essendoci decessi legati ai suoi reati, probabilmente la condanna orbiterà tra i 10 e i 20 anni di carcere, fatto salvo l’omicidio di Tupac, ancora da indagare. 

In attesa del processo, previsto in primavera, Diddy resta in carcere, mentre i suoi legali hanno proposto una cauzione di 50 milioni di dollari, il monitoraggio dei movimenti tramite classica cavigliera con GPS e una ristrettissima lista di visitatori, eventualmente nessuna di sesso femminile.

Niente da fare. Secondo il giudice sarebbero troppi i rischi e il produttore e rapper, nonostante si senta forte del suo colossale potere economico, resta in galera, anche se continua a dichiararsi innocente.

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