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Su Fabbrica della Comunicazione, la rubrica Approfondimento Stoico è a cura dello scrittore ed antifilosofo Michele Putrino e Beatrice Silenzi, direttore responsabile.
Gli stoici dividevano la filosofia in tre discipline: la logica, che si occupa del procedimento della conoscenza; la fisica che si occupa dell’oggetto della conoscenza e l’etica che si occupa della condotta conforme alla nostra natura razionale.
Se la logica è il recinto che delimita il terreno, la fisica è l’albero, mentre l’etica è il frutto.
La logica comprende la gnoseologia, la dialettica e la retorica e, sebbene sia certo che il sistema è subordinato all’etica, questa si fonda su un principio che ha origine nella fisica, la quale, a sua volta, deriva dalla concezione eraclitea del fuoco come forza produttiva e ragione ordinatrice del mondo.
Da questofuoco artigiano si genera il mondo che, in certi periodi determinati di tempo, si distrugge e torna a rinascere dal fuoco: per questo motivo si è soliti parlare di eterno ritorno del medesimo, che si produce ciclicamente sotto forma di conflitto universale.
Questo ordinamento è retto da una ragione (Logos) universale: intesa come un movimento incausato, eterno, inarrestabile che inerisce a qualunque forma di essere, dal più semplice ed infimo fino al più grande e complesso, vivente e non vivente.
L’etica stoica si fonda sul principio che anche l’uomo è partecipe del lógos e portatore di una “scintilla” di fuoco eterno. Tuttavia, ciò che impedisce l’adeguamento della condotta umana alla razionalità sono le passioni.
La virtù consiste nel vivere in modo ammissibile con la natura delle cose, scegliendo sempre ciò che è conveniente alla nostra natura di esseri razionali.
Nello stato di dominio sulle passioni o apatia, ciò che poteva apparire come male e dolore si rivela come positivo e necessario.
È da qui che Epitteto dichiara “ανέχoυ καί απέχoυ” (sopporta e astieniti): non nel senso di ‘sopporta il dolore e astieniti dai piaceri’ come comunemente s’intende, ma nel senso di ‘sopporta l’intolleranza (frutto di passione) altrui e astieniti dall’intemperanza (frutto di passione).
Questo è anche il senso della famosa metafora stoica che paragona la relazione uomo-Universo a quella di un cane legato ad un carro.
Il cane ha due possibilità: seguire armoniosamente la marcia del carro o resisterle ma la strada da percorrere sarà la stessa in entrambi i casi.
Se si adegua all’andatura del carro, il tragitto sarà armonioso, se, al contrario, oppone resistenza, l’andatura sarà tortuosa, poiché si verrà trascinati dal carro contro la propria volontà. Così Seneca: “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt (il destino guida chi lo accetta, e trascina chi è riluttante).”
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